AMBIENTE – Con l’ordinanza n.6194 del 12 dicembre della Terza Sezione, il Consiglio di Stato ha di fatto chiuso la vicenda lombarda (ma con rilievo nazionale) della cattura dei piccoli uccelli a fini di richiamo, dichiarando improcedibile il ricorso dell’Anuu (Associazione nazionale uccellatori ed uccellinai). Il ricorso chiedeva di annullare l’ordinanza del Tar Lombardia di sospensione della delibera regionale che riapriva illegittimamente i “roccoli” per la cattura di 12.700 uccelli selvatici da destinare a richiami vivi per la caccia da appostamento.
Dopo la pronuncia del Tar, il parere negativo di Ispra, la pronuncia contraria della Commissione europea e l’annullamento della delibera regionale da parte del Consiglio dei Ministri, i “roccolatori” hanno deciso di percorrere anche la strada del Consiglio di Stato, trovando un’altra porta chiusa e la definitiva bocciatura.
Il Presidente del Consiglio di Stato, che ha firmato l’ordinanza condannando anche alle spese legali i cacciatori, ha ribadito che le catture degli uccelli con le reti, anche in forma di deroga autorizzata, sono illegali, per contrasto con la Direttiva europea sulla tutela della fauna selvatica e con la legge statale 157/92 sulla caccia, e che il concetto di “assenza di soluzioni alternative” alla concessione delle deroghe “non si riferisce a meri inconvenienti o a risultati che non raggiungano il gradimento dei cacciatori, bensì alla vera e propria impossibilità di ricorrere ad alternative, quali appunto l’allevamento o, ben più agevolmente ed auspicabilmente, l’impiego di richiami manuali o a bocca (…)”.
Esultano le Associazioni ENPA, LAC, LAV, LIPU e WWF, che avevano promosso il ricorso al TAR Lombardia, curato dall’avvocato Linzola, contro l’illegittima decisione della Regione. “Crediamo che questa sia davvero la stazione finale – dichiarano le associazioni – della triste vicenda delle catture dei richiami vivi. Le evidenze dell’illegalità di questa pratica sono tali e tante che non è più immaginabile che la Regione Lombardia, ovvero ogni altra regione italiana, ci possa riprovare. Si tratterebbe, a quel punto, di un atto di pervicacia istituzionale al limite dell’abuso di ufficio e del danno erariale. E’ invece ragionevole che la Lombardia se ne renda conto e finalmente dichiari chiusa questa pagina di storia, abbracciando il diritto e sottraendosi alla anacronistica pressione di una sparuta minoranza di cacciatori”.