Sport invernali. Impianti abbandonati e buone pratiche di riconversione

SONDRIO – In tutta la Lombardia sono sempre di più gli impianti di risalita e le strutture sportive per gli sport invernali dismessi, o per la difficile situazione economica o, più semplicemente, per i cambiamenti climatici che hanno reso la neve una vera e proprie rarità per le stazioni sciistiche di bassa quota.

Al fenomeno non è estranea nemmeno la provincia di Sondrio, area di interesse principale per tutta la Lombardia per quanto riguarda gli sport invernali. Su 15 impianti dismessi in tutta la regione tre, infatti, si trovano in Valtellina: a Entova-Scerscen a Chiesa Valmalenco, a Valdidentro in località Arnoga, ad Albosaggia in località Campelli e a Caspoggio.

È questo il doppio volto della montagna che Legambiente ha denunciato con il report Nevediversa 2020 – Il mondo dello sci alpino nell’epoca della transizione ecologica. Dal dossier si evidenziano i 348 impianti in sofferenza monitorati nella penisola, di questi 132 quelli dismessi e non funzionanti da anni, 113 quelli temporaneamente chiusi e 103 i casi che l’associazione ambientalista definisce di accanimento terapeutico.

“Negli anni del boom economico – spiega Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi Legambiente – i territori hanno localizzato impianti spesso in aree non idonee alla pratica sciistica, anche a quote molto basse, addirittura sotto i 1000 metri. Siamo convinti che in questi anni l’economia dello sci alpino non sia stata capace di cambiare le strategie alla luce dei cambiamenti climatici in atto, ora però è giunto il momento di invertire la rotta. Per questo chiediamo la definizione di una strategia nazionale per lo sviluppo della montagna che tenga conto anche di un turismo invernale più sostenibile”.

In questo scenario non mancano, però, le buone pratiche come sottolineano da Legambiente. Tra queste il divieto attuato dal sindaco di Val MasinoSimone Songini – che con un’ordinanza ha vietato l’eliski.