VALCHIAVENNA – Il Canton Grigioni non ha ascoltato l’appello lanciato dai sindaci della Valchiavenna che, al fine di contrastare il diffondersi del Coronavirus, avevano chiesto di chiudere tutte le attività non essenziali, con particolare riferimento ai cantieri e agli alberghi, ma non alle strutture sanitarie, all’interno delle quali trovano lavoro molti Italiani.
Le dogane – pur con le chiusure dei valichi minori nelle ore notturne e la possibilità di transito per i soli motivi di lavoro – rimarranno aperte come espressamente chiesto dai responsabili della vallate meridionali grigionesi che hanno sottolineato “l’importanza dei frontalieri per il settore sanitario e altri settori”.
I sindaci valchiavennaschi, però, nel loro appello avevano fornito esplicite rassicurazioni per quanto riguarda gli occupati del comparto sanitario: “Ovviamente le nostre richieste – scrivevano – andrebbero ad esclusione dei lavoratori frontalieri del sistema sanitario e produttivo dei beni di prima necessità”.
I due consiglieri di Stato svizzeri Peter Peyer e Marcus Caduff hanno inoltre invitato i rappresentanti regionali elvetici a non “Lasciarsi turbare dalla disinformazione mediatica e dai diversi provvedimenti adottati nei paesi confinanti. Atteniamoci ai fatti”.
I fatti, però, dimostrano che nella sola provincia di Sondrio si sono registrati 35 decessi e 293 contagiati e che l’unica arma a nostra disposizione – fino a quando non verrà trovato un vaccino – consiste nel limitare quanto più possibile i contatti tra le persone, sia nel privato sia sul posto di lavoro. Per poter raggiungere questo obiettivo, oltre ad adottare misure rigide, come ricordato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, servirebbe anche “L’uniformità dei provvedimenti” come, invece, ricordava pochi giorni fa il presidente della Comunità montana della Valchiavenna Davide Trussoni.
Michele Broggio