CHIAVENNA – Si sarebbe visto sequestrare oltre 90mila euro un avvocato valchiavennasco, indagato per aver approfittato, in qualità di amministratore di sostegno, dello stato di incapacità della sua assistita, e presentando dei rendiconti fasulli al giudice tutelare si sarebbe appropriato delle risorse finanziarie di colei che doveva amministrare.
A seguito di segnalazione del tribunale, su delega della Procura di Sondrio, i militari della Tenenza della Guardia di finanza Chiavenna, unitamente alla sezione di polizia giudiziaria, aliquota GdF, hanno portato avanti un’attività di indagine volta a verificare l’operato di un avvocato (già autosospesosi) nell’adempimento dell’incarico di amministratore di sostegno.
“Il legale, con spregiudicata consapevolezza, applicava le regole proprie dell’amministrazione di sostegno eludendone tuttavia le finalità di tutela dell’assistito allo scopo di frodare la donna affidata alle sue cure, nonché il giudice tutelare presso il Tribunale di Sondrio – spiega il comandante provinciale elle Fiamme gialle, colonnello Antonello Reni – L’indagato, che ben conosceva ‘le regole del gioco’ considerata la professione esercitata, asserviva le sue conoscenze giuridiche ai suoi scopi illeciti così perpetrando gravi reati in danno della vittima”.
L’avvocato, nella sua veste di pubblico ufficiale, mediante la circonvenzione di colei che avrebbe dovuto tutelare secondo gli inquirenti si sarebbe impossessato di ingenti somme di denaro di proprietà di quest’ultima, quasi 95mila euro, rendendosi, questa l’ipotesi delle Fiamme Gialle, così responsabile del reato di peculato.
E per nascondere la grave condotta criminosa e trattenere a sé ciò di cui si era appropriato senza destare sospetto, il legale avrebbe proceduto a falsificare minuziosamente tutte le rendicontazioni fatte al giudice tutelare di Sondrio, aggiungendo – se i fatti dovessero venire riscontrati – alla prima ipotesi di reato anche quella di truffa processuale.
Sicuro delle sue azioni, l’avvocato avrebbe utilizzato fino all’esaurimento le possibilità economiche della propria assistita. Con implacabile continuità criminale avrebbe emesso svariati assegni, traendoli dal conto intestato alla donna, tra i quali uno dell’importo di ben 34mila euro, che è stato emesso sebbene il conto fosse incapiente.
L’incasso del cospicuo assegno aveva prosciugato il conto corrente della tutelata, tanto da obbligare la banca a chiederne la copertura e a segnalare il nominativo della titolare, inibendola dall’emettere ulteriori assegni. Il legale, per far fronte alla situazione e non destare sospetti, avrebbe, secondo la Guardia di Finanza reintegrato lo scoperto di conto attraverso le somme di denaro ottenute in prestito da un suo conoscente, recentemente coinvolto nella articolata indagine in materia di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche da parte di diverse aziende agricole.
Una volta reintegrate le sostanze del conto della propria assistita, la condotta illecita dell’avvocato sarebbe continuata attraverso l’emissione di svariati vaglia postali anziché assegni.
“Il legale, quando già sapeva di essere stato scoperto, con freddezza, non dimostrandosi minimamente scosso dall’indagine in essere, ha operato delle cessioni patrimoniali che ora sono al vaglio di questi inquirenti per la loro revoca, in quanto probabilmente effettuati per sottrarre il patrimonio all’esecuzione cautelare – prosegue il colonnello Reni – Il giudice per le indagini preliminari, ritenendo congrue le motivazioni addotte dal Pubblico ministero in ordine al peculato, ha emesso decreto di sequestro preventivo del profitto del reato, costituito dalle somme fraudolentemente sottratte dall’indagato”.