COSIO VALTELLINO – La parola martirio è stata più volte pronunciata oggi pomeriggio nel corso dei funerali di don Roberto Malgesini, ucciso martedì da un senza tetto tunisino, Ridha Mahmoudi. Nessuna parola sul terribile fatto di sangue, solo un dolce ricordo del sacerdote di Cosio Valtellino, impegnato a Como nell’aiuto ai bisognosi, e un monito da parte del vescovo nella chiesa di Regoledo: “Portiamo avanti la missione di don Roberto”.
”Se anche la sua fine è ritenuta una sciagura, egli vive nella pace quale martire della misericordia” ha detto monsignor Oscar Cantoni, che ha anche voluto ricordare personalmente don Roberto.
“Lo ricordo negli anni della sua formazione presbiterale – ha detto – Con quanta passione e gioia coltivava un’amicizia intima con il Signore, premessa indispensabile per divenire discepoli. Nello stesso tempo ammiravo con quanta affabilità condivideva la via dei suoi compagni di seminario, con i quali ha tessuto rapporti autentici di sincera e schietta amicizia fraterna nel Signore. Ordinato presbitero nel 1998, ha seminato tanto bene nelle due comunità a cui è stato inviato, a Gravedona prima, a Lipomo poi. Nel frattempo, in quegli anni, si è sentito chiamato a sviluppare un dono che gli sarebbe chiarito progressivamente e che ha coltivato come una vocazione nella vocazione, quella di condividere a tempo pieno nella città di Como la vita dei più poveri, dei senza dimora, dei carcerati, degli esclusi, dei ragazzi della tratta”.
“Ha scelto allora – ha proseguito – con il consenso e in comunione con il vescovo, di prendersi cura degli ultimi, singolarmente presi, di accettare anche le loro fragilità, offrendo in cambio accoglienza piena e amorevolezza, con una delicata attenzione d’amore ai singoli, subito attratti dalla sua singolare disponibilità ad accogliere tutti con gratuità e senza giudizio. Possiamo affermare senza ombra di dubbio che don Roberto aveva preso sul serio le parole del Signore proclamate nel Vangelo: ‘Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’. E papa Francesco ha sottolineato che siamo chiamati a scoprire Cristo nei poveri, a prestare ad essi la nostra voce nelle cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, comprenderli e accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro. Queste parole di papa Francesco sono la chiave per poter capire e gustare lo stile della vocazione pastorale di don Roberto”.
Infine, un monito. “In questi giorni la nostra comunità cristiana, ma anche la nostra intera società, pure attonita e sconvolta per la tragedia subita, riscopre questo straordinario messaggio d’amore che don Roberto ha incarnato con disarmante semplicità e che egli rimanda a noi perché sia diffuso e moltiplicato. A noi tutti dunque il compito di proseguire con l’affabilità e la tenerezza di don Roberto nei confronti dei bisognosi, dei poveri in particolari, riconosciuti e accolti come la vera carne di Cristo. Una nuova primavera di grazia ci prepara il Signore attraverso il martirio di don Roberto. Non sciupiamo questa straordinaria, immeritata occasione, e ciascuno faccia la sua parte”.