Rubrica. Pedagogia, l’importanza di giocare e mettersi in gioco

BELLANO – Nuova settimana, nuova puntata della rubrica affidata alla pedagogista clinica Claudia Ferraroli.

La didattica che sa mettersi in gioco
Il gioco è un’esperienza complessa e coinvolgente che permette ai bambini di essere protagonisti di un’attività che è vissuta in maniera piacevole e positiva, auto-motivante, intrigante e relazionata alla realtà circostante. Il gioco è inteso come piacere e desiderio di fare. È una attività che il bambino fa volentieri e su cui riesce a concentrarsi anche per lungo tempo.

Il gioco pertanto possiede tutte le caratteristiche affinché, grazie ad esso, si realizzi una didattica che stimoli un apprendimento efficace e duraturo.

L’apprendimento del resto è una conquista interiore, è piacere della scoperta, concentrazione profonda e desiderio di esplorare.

Il gioco permette di legare l’apprendimento ad esperienze gratificanti, emotivamente intense, in cui l’intera persona si “mette in gioco”.

Il gioco include in sé diverse componenti utili all’apprendere:

-affettive: divertimento e piacere

-Sociali: l’utilizzo in gruppo e il rispetto delle regole

-Motorie e psicomotorie: Movimento, coordinamento ed equilibrio

-Cognitive: strategie di gioco, apprendimento di regole

-Emotive: sfida, tensione

-Culturali: modalità di relazione

Il gioco a scuola pertanto, se pianificato in maniera ragionata e proposto in modo organizzato e consapevole, diventa uno strumento potente ed efficace, tale da poter essere applicato a tutte le discipline e a tutte le età e non relegato ad un ruolo subalterno, come un piacevole extra.

 L’attività ludica poi fa abbassare i livelli di ansia, creando così condizioni favorevoli perché lo studente apprenda.

In definitiva l’alunno impara, si diverte e sviluppa anche delle capacità sociali.

L’attività didattica ludica prende vita da un modo di guardare alla scuola, come luogo dove non necessariamente l’imparare è frutto di una combinazione tra disciplina e fatica, bensì da proposte divertenti e stimolanti, in cui anche il contesto ambientale è rilassante, motivante e piacevole, un luogo dove lo studente è PROTAGONISTA del proprio processo formativo e non un passivo fruitore.

 Ci troviamo in un periodo difficile anche per la scuola che costringe ad azioni a volte così poco naturali ed a restrizioni che appaiono come dei veri e propri sacrifici.

A scuola i bambini e gli insegnanti devono tenere distanza fisica, i quaderni e i libri restano in una sorta di piccola quarantena prima di essere toccati e corretti, alcune scuole hanno addirittura vietato la somministrazione di fotocopie e schede didattiche da apporre sul quaderno. Ed allora che fare?

So di ripetermi nell’affermare che i limiti possono e devono diventare occasioni, ma questo potrebbe diventare il momento giusto per dare uno scossone ad una didattica vecchia e stantia, sicuramente non in linea spesso con le nuove generazioni, i cui approcci non possono essere paragonati a quelli dei bambini di 30/ 40 / 50 anni fa. Eppure il modo di trasmettere il sapere è rimasto fermo a quegli anni.

In definitiva una proposta di tipo ludico renderebbe l’offerta scolastica meno invasiva e limitante, favorendo apprendimenti più efficaci anche nei bambini che presentano qualche incertezza cognitiva.

Abbiamo bisogno però di insegnanti che sappiano mettersi “in gioco”!

Claudia Ferraroli
Pedagogista clinica

Se avete qualche argomento relativo alla crescita del bambino che vorreste veder affrontato in questa rubrica, scrive a claudiaferraroli832@gmail.com.