Sappiamo bene che il virus non è ancora sconfitto e siamo convinti che le priorità siano la salute e la sicurezza di tutti. E questa è una preoccupazione centrale di tutti gli operatori del turismo montano, che guardano con preoccupazione al futuro e non hanno quelle indicazioni certe che sono necessarie per organizzarsi in vista della stagione invernale ormai al teorico avvio.
È inutile nascondere che la filiera del turismo invernale è basata soprattutto sugli impianti sciistici, attorno ai quali ruota un importante indotto. Ora mi chiedo come si possa sottovalutare un sistema economico montano di gente che vive nelle valli, di impianti, di freddo che ti spacca la faccia ma che non ferma la passione e la volontà dei suoi figli.
Mi risulta poco lungimirante pensare di frenare il turismo montano fermando le molte stazioni sciistiche che danno lavoro a moltissime centinaia di migliaia di famiglie senza contare i lavoratori stagionali che sono più di quelli fissi, senza contare che poi ci sono migliaia di strutture ricettive, di decine di migliaia di Maestri di sci, di rifugisti, di ristoranti, di negozi, di laboratori, di artigiani.
Parlare solo di mancati incassi sulle vendite di ski pass sarebbe estremamente riduttivo: l’aspetto primario sono le decine di miliardi sottratti all’economia, alla sopravvivenza delle valli e delle sue famiglie.
Se la vicina Svizzera, dove la situazione Covid-19 è molto pesante, ha aperto ed aprirà tutti gli impianti di risalita, Francia e Germania si sono già espresse su possibili date d’apertura e l’Austria, dove lo sci è lo sport nazionale, ha scelto il lockdown totale adesso, proprio per poter valutare d’aprire le stazioni almeno da Natale in poi, non è pensabile attendere ulteriormente per una scelta che ritengo fondamentale per non indirizzare possibili flussi turistici verso destinazioni estere.
Una valutazione che tenga conto anche di questi aspetti è necessaria prima di scegliere di rinunciare anche parzialmente alla stagione turistica invernale mandando in crisi un interno settore e il suo indotto.
Concludendo, ricordiamoci che per tutte le stazioni la perdita anche solo del periodo natalizio – paragonabile al mese di agosto per le stazioni balneari – comprometterebbe di fatto l’intero anno; e se la decisione dovesse essere quella di porre dei limiti, si dovranno necessariamente garantire dei particolari sostegni a quei territori con interventi seri e congrui rispetto al peso del danno subito dagli operatori e dai territori.
Roberto Pinna
Direttore Consorzio Turistico Sondrio e Valmalenco