SONDALO – Al Morelli di Sondalo sono stati utilizzate terapie monoclonali – approvate dall’Aifa come terapia per contrastare il Covid-19 solamente poche settimane fa – per curare due pazienti che oggi, a distanza di sette giorni dalla somministrazione, sono in buone condizioni di salute.
A eseguire le terapie sono Chiara Rebucci, responsabile dei reparti Covid-19, e Patrizia Zucchi, entrambe infettivologhe. Una procedura relativamente semplice e con tempi ridotti, che non comporta disagi per il paziente. Tecnicamente viene eseguita un’infusione dei due farmaci, Etesevimab e Bamlanivimab, attraverso una flebo: al termine, dopo circa un’ora, il paziente viene trattenuto per un’altra ora in osservazione prima di fare ritorno alla propria abitazione, per complessive due ore di permanenza in ospedale.
“Le terapie monoclonali – spiega Rebucci – sono a base di anticorpi specifici, prodotti in laboratorio con tecniche di biologia molecolare ad altissima concentrazione, che si legano a una proteina virale, chiamata ‘spike’, che agiscono immediatamente sul virus e lo neutralizzano, impedendogli di entrare nelle cellule dell’organismo. Queste cure sono state approvate per i pazienti con sintomi lievi o moderati, senza manifestazioni respiratorie, che non necessitano di ricovero ma che presentano una serie di fattori di rischio”.
A individuare i pazienti sui quali eseguire le terapie monoclonali sono i medici di medicina generale che li hanno in cura, i quali, riconoscendo i sintomi e le caratteristiche indicati, possono rivolgersi alle infettivologhe dell’Asst Valtellina e Alto Lario dopo aver preventivamente compilato un’apposita scheda che regolamenta il ricorso a queste cure, secondo quanto previsto dai protocolli. Una volta inviata la comunicazione e verificata la situazione clinica, il paziente viene convocato entro un giorno per essere sottoposto alla terapia.
In una situazione che rimane critica, sia per quanto riguarda i ricoveri in ospedale che i contagi, le terapie monoclonali rappresentano l’unica potenziale arma per neutralizzare il virus quando ancora non ha prodotto gravi danni all’organismo. Gli studi sin qui condotti evidenziano l’efficacia di questi farmaci nel ridurre la progressione a forme severe e l’ospedalizzazione in pazienti positivi al Covid-19.