Fellaria. Al Sondrio Festival la storia di un ghiacciaio da salvare

SONDRIO – Sondrio Festival ha presentato, ieri sera, lo studio “Bernina Terra Glacialis“, che pone l’attenzione sul progressivo scioglimento dei ghiacciaio Felleria-Palù che negli ultimi 150 anni ha perso il 54% della sua superficie e si è formato un lago glaciale grande quanto 30 campi di calcio.

Lo studio è condotto dal Servizio Glaciologico Lombardo ed è finanziato dal progetto Interreg “B-Ice & Heritage”, Programma di cooperazione Interreg V-A Italia-Svizzera 2014/2020, che unisce la Valmalenco, la Val Poschiavo, la Val Bregaglia e l’Alta Engadina ed è finanziato da Unione Europea, Regione Lombardia e Svizzera.

Nel programma dell’edizione estiva della Mostra Internazionale dei Documentari sui Parchi, è entrato un tema caro alla manifestazione, già trattato negli anni passati, ma per la prima volta il protagonista è stato il ghiacciaio della Valmalenco, il secondo delle Alpi meridionali dopo l’Adamello, situato per due terzi in territorio italiano e per un terzo in Svizzera.

Il responsabile scientifico del Sgl Riccardo Scotti, con l’aiuto di slide riassuntive intercalate da fotografie suggestive e immagini in time-lapse spettacolari, ha presentato il ghiacciaio e illustrato il lavoro di ricerca condotto a partire dal 2019.

Il complesso glaciale Fellaria-Palü, situato in Valmalenco, sul territorio comunale di Lanzada con una superficie complessiva di 14 chilometri quadrati. è il secondo maggiore delle Alpi meridionali dopo l’Adamello ma con un bacino di accumulo più ampio e a una quota più elevata: sette chilometri quadrati fra 3500 e 3700 metri di altitudine, 400 metri in più, che lo mantengono innevato nonostante l’aumento delle temperature. Una particolarità che gli è valso l’appellativo di “Piccola Antartide della Lombardia“, una distesa quasi completamente pianeggiante, una fabbrica di ghiaccio, per un luogo incredibile e meraviglioso, come l’ha descritto Scotti, un enigma per come la neve riesca a conservarsi anche nelle estati più calde nonostante l’esposizione a sud.

I tecnici hanno condotto rilievi geofisici per misurare lo spessore del ghiacciaio e le sue variazioni volumetriche ed effettuato il monitoraggio degli accumuli nevosi: stimoli scientifici e questioni aperte che riguardano quanto ghiaccio si forma e per quanto tempo ancora la neve riuscirà a resistere. Per fare luce su quanto sta avvenendo e per studiare da vicino il ghiacciaio come mai prima d’ora, a oltre 3500 metri di quota sono state installate le webcam più alte della Lombardia, che restituiscono immagini che utilizzate con la tecnica del time-lapse consentono di visualizzare il flusso del ghiacciaio.

Non è troppo tardi – ha concluso Scotti – i ghiacciai si possono ancora salvare, il loro futuro dipende da noi. Se invece continueremo così li perderemo tutti. Speriamo che questo lavoro possa servire anche a far appassionare la gente a questi luoghi e a far conoscere i rischi che stanno correndo non soltanto i ghiacciai ma l’intero pianeta”.

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