SONDRIO – L’ambiente, il futuro che ci attende e il nostro ruolo nel cambiamento: la seconda serata di proiezioni di Sondrio Festival, la Mostra Internazionale dei Documentari sui Parchi, giunto alla XXXV edizione, ha proposto riflessioni e lanciato messaggi. Conoscere per essere consapevoli, ragionare per proporre: azioni non più rinviabili che dipendono da chi ci governa ma anche da tutti noi.
La manifestazione, tornata al Teatro Sociale, si conferma il contesto ideale per una divulgazione che avviene per parole, quelle degli ospiti, il sociologo Domenico De Masi e il geologo Vincenzo Giovine, e per immagini, quelle dei documentari, i due proiettati, ambientati sulle Alpi e in Scandinavia. Conversazioni e proiezioni hanno intrattenuto il pubblico per oltre tre ore. È toccato a De Masi, volto noto della televisione, aprire la serata parlando di lavoro, di come le invenzioni e le innovazioni tecnologiche lo abbiano rivoluzionato nei secoli. Si è soffermato sullo smart working, favorito dalla pandemia, evidenziando come il lavoro non sia oggi così pregnante come lo era per i nostri nonni, e chiudendo con una chiosa sugli intellettuali: il loro compito è quello di rendere semplici, ma non banali, le cose complesse.
Con il primo dei due filmati, “Il clan delle marmotte“, di Véronique, Anne e Erik Lapied, famiglia di documentaristi, il pubblico è stato idealmente trasportato in un vallone isolato delle Alpi, nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, in Valle D’Aosta, a 2200 metri di quota, per conoscere la marmotta Mox appena nato e seguirlo nei suoi primi quattro anni di vita. Il letargo, la primavera che scioglie la neve, la fioritura, Mox guida gli spettatori alla scoperta della montagna e li rende partecipi della sua lotta per sopravvivere a lupi, volpi e aquile reali e della sua ambizione di diventare un maschio dominante. Alla fine ci riuscirà e potrà vivere con la sua compagna e i loro quattro cuccioli. Un racconto coinvolgente in cui le vicende di Mox si inseriscono nello scenario delle Alpi. Una conferma per i Lapied che già nel 2019, senza la figlia Véronique, avevano presentato in concorso un documentario girato sulle Alpi sul gipeto.
Anche Steffen e Alexandra Sailer sono una coppia, insieme hanno firmato “Le terre dell’estremo nord. Notte polare“, ambientato nella Scandinavia del nord. I due registi hanno sottolineato con soddisfazione come le loro scoperte, ad esempio gli occhi blu scuro delle renne nella notte polare, abbiano addirittura preceduto i risultati degli studi dei ricercatori. Le condizioni sono estreme e obbligano piante e animali a cambiamenti radicali per sopravvivere: la macchina da presa segue l’orso, lo scoiattolo, la ghiandaia e le renne che si preparano al lungo inverno annunciato, a inizio ottobre, dalla grandine. Le forme di vita sembrano scomparire, le foreste ammutoliscono: è una stagione buia, fredda e ostile. Il sole scompare per sei mesi, le temperature scendono a meno venti gradi sotto zero e soffiano venti gelidi. Volpi, lepri e pernici diventano bianche per mimetizzarsi: sopravvive chi si accontenta del cibo che trova e chi si adatta. Il lento scorrere del tempo è messo a rischio dal cambiamento climatico: la pioggia è caduta anzitempo formando uno strato di ghiaccio sul terreno e le renne non trovano cibo. Dopo tante splendide immagini, la conclusione del documentario è un monito: il riscaldamento globale sta minacciando queste terre artiche.
Tra i due documentari, è stato molto apprezzato l’intervento di Vincenzo Giovine, vice presidente e coordinatore della Commissione ambiente del Consiglio nazionale dei geologi. Invitato per rendere omaggio a un esimio cittadino lombardo, Antonio Stoppani, nato a Lecco nel 1824, considerato il fondatore della geologia, Giovine ha spiegato il ruolo del geologo: uno specialista della conoscenza della terra che sa cosa è successo e quello che accadrà. La geologia può fornire indicazioni sull’evoluzione dei fenomeni e oggi suggerisce di intervenire per tutelare le acque e il suolo. Alla domanda su quello che ciascuno di noi può fare ha risposto che serve buon senso, che il rispetto all’ambiente è dovuto e che i piccoli comportamenti, se proiettati su larga scala, possono determinare un cambiamento evidente. Non sprecare l’acqua, abbassare il riscaldamento e utilizzare i prodotti a chilometro zero sono azioni che hanno un’incidenza. In conclusione, il geologo ha evidenziato l’importanza di far arrivare questi messaggi ai giovani: Sondrio Festival è il contesto ideale nel quale divulgarli. Dopo le prime due serate di proiezioni, il pubblico ha visto cinque dei 14 documentari in concorso: venerdì e sabato prossimi ne saranno proposti altri quattro e i restanti cinque si vedranno nella terza e ultima settimana, venerdì 12 e sabato 13 novembre, prima del gran finale con la cerimonia di premiazione, prevista per domenica 14. A partire da quella data i documentari saranno disponibili per la visione in streaming in tutta Italia.
L’apprezzamento per i documentari coinvolge anche quelli fuori concorso. Ieri pomeriggio è toccato a “La via incantata“, introdotto dal regista Francesco Fei e da Tim Shaw, uno dei protagonisti, che hanno condiviso con il pubblico la fatica delle riprese in un ambiente montano, peraltro ampiamente ricompensata dalle splendide immagini mostrate in anteprima sul grande schermo del Teatro Sociale. Il 27 dicembre è prevista la messa in onda su Sky.
Per assistere alle proiezioni al Teatro Sociale è necessario prenotarsi on line fino a due ore prima dell’inizio, e fino ad esaurimento dei posti disponibili, accedendo al sito internet oppure telefonando allo 0342 526260. In alternativa è possibile presentarsi all’ingresso almeno mezz’ora prima dell’inizio del programma. Per accedere viene richiesto il green pass ed è obbligatorio indossare la mascherina per l’intera serata.