Il 26 novembre 1901, alla clinica dello psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer, giunge una donna di nome Augusta Deter. La signora ha 51 anni ed è sposata con un impiegato delle ferrovie.
Già dalla prima consultazione, Alzheimer nota in Augusta una sintomatologia particolare: presenta disorientamento e allucinazioni, perdita di memoria e manifesta un’ossessiva gelosia nei confronti del marito.
Dagli appunti clinici di Alzheimer non si evince alcuna anomalia fisica di rilievo nella donna: niente, se non altro, che possa spiegare una simile sintomatologia comportamentale. Fisicamente, infatti, Augusta D. presenta solamente un’insufficienza nel peso corporeo.
A livello comportamentale invece la paziente presenta caratteristiche davvero anomale: è violenta con gli altri pazienti ricoverati nella clinica, ma mostra anche perplessità ed evidente stato di angoscia e paura. Se si cerca di visitarla o anche solo di avvicinarla, ella grida e picchia chiunque le si avvicini. La sua aggressività si fonde con il suo perenne stato di angoscia, e ciò esita in una perpetua agitazione psicofisica, che la porta a vagare costantemente e continuamente. Augusta sembra agire senza uno scopo, a caso e in modo confuso e confusionario. Quando non è impegnata in agiti aggressivi o in agitazione evidente, Augusta passa il tempo a lamentarsi, urlare e pronunciare frasi prive di apparente senso. Manifesta inoltre difficoltà nella memoria, nell’utilizzare un linguaggio con termini corretti e appropriati, soprattutto se si tratta di termini tecnici, e nella scrittura.
Augusta viene quindi isolata, nel tentativo di preservare gli altri ospiti ed evitare comportamenti aggressivi e conseguenti incidenti. Il trattamento che viene utilizzato è pressoché nullo: Alzheimer le prescrive bagni caldi nel tentativo di calmarla, ma spesso il trattamento più efficace consiste in grosse quantità di sonniferi, che la sedano completamente.
Augusta muore così, l’8 aprile del 1906, lasciando nel dottor Alzheimer la certezza di aver avuto tra le mani un caso di fondamentale rilevanza per la scienza medica. Egli, fin da subito, aveva intuito la particolarità del caso di Augusta, tanto che aveva fotografato la paziente nelle diverse fasi del decorso della malattia, al fine di rilevare e documentare eventuali cambiamenti e modificazioni.
Alzheimer decide quindi effettuare l’autopsia sul corpo di Augusta, e quello che scopre conferma la sua ipotesi che il caso clinico fosse di grande importanza per la medicina: analizzando il cervello della paziente, Alzheimer nota come esso si presenti uniformemente atrofico senza macroscopici focolai. Inoltre, rileva la presenza di placche di amiloide: nel cervello di Augusta vi è un accumulo di sostanze che non dovrebbero trovarsi lì.
Alzheimer porta alla luce le sue scoperte, mostrando il caso di Augusta e i risultati della sua autopsia durante la 37° Assemblea degli psichiatri tedeschi, svoltasi a Tubinga il 3 novembre 1903. Ma la comunità scientifica sguardò con scetticismo alle affermazioni di Alzheimer.
In seguito, nel 1910, lo psichiatra tedesco Emil Kraepelin inserì la patologia descritta da Alzheimer nel suo Manuale di Psichiatria definendola proprio “malattia di Alzheimer”.
Dott.ssa Elisa Tagliaferri – Psicologa Clinica
(Ordine degli Psicologi della Lombardia, n. 22232)
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