SONDRIO – Un resoconto dettagliato, ora per ora, dalle 18.45, orario di arrivo in pronto soccorso, fino alle 17 del giorno successivo, quando finalmente il paziente è riuscito ad essere visitato e dimesso, ma in un altro ospedale. È Silvia Vanotti, sondriese, a descrivere l’odissea vissuta in pronto soccorso nel capoluogo.
“Ore 18.45 del giorno 28 giugno: il paziente si presenta presso il pronto soccorso dell’ospedale di Sondrio con ciste pilonidale (vi auguro di non sapere di cosa si tratta) molto estesa, con infezione estesa e febbre – scrive sui social – All’esterno del pronto soccorso ci sono varie persone in coda, chi seduto lungo la discesa, chi per terra chi in piedi (si scoprirà poi, da ore). Ore 19.30: il paziente viene registrato presso l’ospedale, chiacchiera con una ragazza in sedia a rotelle arrivata con lui”.
Il racconto prosegue, tra le persone in coda alle ore 20, 21, 22 e 23 una signora 90enne, un signore con una ferita alla mano, un altro con ustione ad un braccio.
“Ore 23: la signora 90enne inizia a non sentirsi bene per la lunga attesa – continua Vanotti – Ore 24: la signora 90enne viene riportata a casa, esausta, dai parenti. Il signore con la ferita si ritira anch’esso presso il proprio domicilio. All’interno del pronto soccorso ci sono molte persone in attesa ma praticamente nessun operatore. Nessuno dei pazienti viene visitato. Ore 1.00 del 29 giugno: la situazione sembra surreale. Alcune persone sono state trasportate con ambulanza presso il Ps e hanno, giustamente, avuto precedenza su tutti gli altri in attesa”.
“Ore 2.00: l’esterno del pronto soccorso pare un campo profughi – prosegue il racconto della donna – Il nostro impavido paziente, dopo aver trascorso 7 ore con febbre, in mezzo a tutti gli altri pazienti, senza quasi riuscire a sedersi e con dolori, e senza aver avuto nemmeno una tachipirina, all’arrivo dell’ennesima ambulanza viene riportato a casa dai parenti. La ragazza in sedia a rotelle arrivata con lui e alle ore 2 non ancora visitata, sarà dimessa alle ore 5.30”.
Il giorno dopo Silvia e il paziente che accompagna ci riprovano. “Ore 10 del 29 giugno: il nostro impavido paziente, accertato che la prestazione della quale aveva bisogno avrebbe potuto essere effettuata solo in ospedale, raccoglie il coraggio e si ripresenta presso il pronto soccorso certo di essere visitato – scrive – Situazione all’esterno del pronto soccorso incommentabile. Riporto solo una paziente di circa 15 anni sdraiata sulla panca con 40 di febbre in attesa da due ore di essere registrata”.
Si cambia, quindi, programma: “Ore 14: il nostro impavido paziente viene portato dai parenti presso il pronto soccorso di Sondalo, arrivo ore 15, persone in coda circa 10, accolto con gentilezza e comprensione dal personale sanitario verrà registrato, controllato e medicato. Dimesso alle ore 17”.
“Ci sarebbe molto altro da scrivere ma mi sono già dilungata non poco – conclude Vanotti – In conclusione vorrei esprimere la mia vicinanza a chi deve lavorare in condizioni simili, a chi deve starci per forza, a chi, a malincuore, cambia , a chi, impotente, cerca di fare del suo meglio combattendo contro un sistema che di buono mi pare abbia veramente poco”.