GRAVEDONA – Dopo la rottura di una guarnizione di una condotta forzata a Gravedona il Comitato Territori Montani per l’Idroelettrico, molto attivo anche in provincia di Sondrio, torna a parlare della sicurezza e della gestione dell’intero comparto.
“Quanto avvenuto sabato a Gravedona, nel cuore della produzione idroelettrica italiana, non è un caso anomalo o isolato – sottolineano – È uno dei numerosi e preoccupanti sintomi dello stato di degrado, progressivo e generalizzato, dell’impiantistica di questo settore cruciale per l’economia nazionale, ma vitale per la sicurezza dei territori montani in cui sono localizzati gli impianti”.
Le montagne italiane sono punteggiate dai circa 500 grandi impianti vetusti, con una media di attività oltre i 70 anni. Lo Stato limita i controlli esclusivamente alla solidità delle dighe, mentre tutte le altre opere e funzionalità sono completamente in mano ai Concessionari, multinazionali o aziende con consistente partecipazione dello Stato o di altre istituzioni pubbliche.
“Non passa giorno – sottolineano ancora gli attivisti – senza che la stampa informi di un bacino artificiale praticamente inutilizzabile perché quasi pieno di ghiaia mai scaricata; di un lago svuotato con i pesci a secco per le ‘improvvise’ perdite, di turbine quasi centenarie che tornano in servizio a causa di indecenti nuovi acquisti e mille altre amene variazioni sul tema, inclusi riduzioni insensate di personale e raffiche di azioni legali dei Concessionari che non vogliono pagare le compensazioni agli enti locali”.