SONDRIO – Uno dei problemi che puntualmente si presentano durante la stagione venatoria è quello del recupero degli animali feriti. Non sempre, infatti, il cacciatore è in grado di raggiungere la preda colpita che va così incontro ad una lenta agonia, mentre la sua carcassa finisce per diventare un problema sotto il profilo igienico e sanitario. Anche per gli animali selvatici vittime di incidenti stradali si pone spesso il medesimo problema e l’attuale “sos” lanciato per il diffondersi della peste suina, rende l’attività di recupero ancora più preziosa se rivolta ai cinghiali.
“Da alcuni anni a questa parte si è assistito alla nascita di un gruppo preposto proprio a questo scopo e animato prima di tutto da principi etici. Oggi, posiamo dire che con la nascita della Stazione di Recupero si è venuta a creare una vera e propria specializzazione che ha dato vita ad un nuovo progetto altamente professionale. Perché parliamo di etica? La fauna selvatica è un bene ambientale, pertanto l’attività di recupero degli ungulati feriti durante l’esercizio venatorio o per altre cause si configura come un servizio etico ambientale altamente qualificato per la tutela e la gestione delle popolazioni degli ungulati, allo scopo di ottimizzare l’efficienza del servizio, viste anche le sue finalità igienico-sanitarie, morali, sociali e di sicurezza” commentano i membri.
Per l’adempimento di tale attività occorre formare un team, o come si dice in gergo tecnico, dei “binomi” (cane e conduttore) da poter immettere sul territorio, per svolgere appunto il rinvenimento degli animali lesi per cause accidentali. Compito tutt’altro che semplice, svolto da sempre a titolo gratuito dai conduttori, nei confronti dello Stato e della società intera.
“In questi anni abbiamo assistito ad un incremento drastico del numero di binomi presenti in valle – afferma il presedente della Stazione di recupero Valerio Girolo -. Questo è successo per moda, per smania di successo, per passione, o semplicemente per compagnia. Istintivamente per chi non è del settore verrebbe da dire “ottimo, più cani più recuperi”, invece è proprio qui che cominciano i problemi”.
Va da sé che in pochi anni ci si è trovati con un marasma di cani e conduttori con tanti fucili che giravano nei boschi alla ricerca di finte tracce fredde, con capacità frequentemente molto limitate se non inesistenti. Di conseguenza, la qualità e quantità dei recuperi andava calando in parallelo alla fiducia e credibilità a discapito degli animali feriti e da chi, al contrario, si impegnava da sempre in modo impeccabile.
“Il cane da traccia non è un ausiliare che se non ferma il fagiano va bene lo stesso, ne fermerà un altro; non è un segugio che se non scova la lepre non succede nulla, si cambia posto e ne cercherà un’altra.
Il cane da traccia deve trovare quell’animale morto o peggio ancora ferito e, se non lo trova questi muore dopo lunghi tormenti ed è un animale perso”.
L’importanza della preparazione del conduttore, prima dell’addestramento di simili ausiliari e di conseguenza prima di intraprendere il recupero dell’animale ferito, è di vitale importanza se si vogliono possedere soggetti ad hoc. Diversamente si commettono errori uno dopo l’altro con la conseguenza di possedere un soggetto che è segugio vero e non cane da traccia.
Questi soggetti devono essere istruiti e preparati per seguire la traccia fredda e, in mancanza della corretta preparazione, questi saranno propensi, per loro natura, a seguire la traccia calda che è molto più comoda e meno impegnativa e di conseguenza non si recupera l’animale ferito che si sta cercando.
Il recupero degli ungulati feriti con i cani da traccia è una faccenda seria, che non ci si improvvisa “ad abundanzia”, ma solo con qualità e professionalità. Ecco la scelta della Stazione di Recupero, volta a centro di controllo supremo, sopra le parti e valida per tutti, al di là di qualsivoglia appartenenza di gruppo o associazioni, rivolta solo al bene del selvatico ferito.
Il coordinamento delle azioni di recupero con i cani da traccia di animali feriti nell’esercizio della caccia o in incidenti stradali, risulta necessario ai fini di stabilire quali cani e conduttori sono più adatti a seconda delle diverse esigenze (terreno, specie coinvolta, ecc). In un’azione di recupero saranno quindi necessarie tre figure: il conduttore di cane da traccia, il cacciatore e il referente del servizio di recupero. Il referente di servizio è solitamente un conduttore esperto (scelto dall’amministrazione provinciale per competenze cinofile ed esperienza nel recupero) che, oltre a ricevere le segnalazioni dei casi di riferimento, stabilisce, a secondo della specie interessata, del tipo di ferimento e delle condizioni ambientali, quale binomio cane-conduttore risulta più idoneo ad effettuare il recupero.
La Stazione di Recupero ha come punto principe il controllo capillare di chi, quando e come esce sul territorio ad operare, mantenendone un registro, autorizzando solamente chi possiede le carte in regola. D’ora in poi si potranno selezionare i conduttori e gli ausiliari atti ed adatti alle mansioni del recupero, con le specifiche richieste dal comando centrale. Quello che serve non sono decine di ausiliari impreparati sparsi in Provincia, bensì ausiliari e conduttori all’altezza delle situazioni e con doti basilari ottime, solo così potremmo raccogliere i giusti frutti.
“Sia chiaro – tiene a dire il presidente Girolo – che questo non vuole precludere o chiudere la strada a nessuno, anzi, tutti i ben volonterosi saranno accolti a braccia aperte, ma sappiamo che d’ora in poi per lavorare coi nostri compagni sul territorio non sarà sufficiente essere in possesso di un ausiliare con una misera qualifica. In futuro non ci sarà posto per gli inietti e millantatori, solo chi avrà carte in regola e doti ben precise potrà affiliarsi alla stazione di recupero, questo richiede tempo, dedizione nell’allevamento, qualità e professionalità. Solo così si potranno avere le qualifiche e le caratteristiche per far parte di questa selezione”.
La nuova Stazione ha fatto registrare numeri di successo alla prima comparsa, con 206 richieste di intervento e 96 capi recuperati da Chiavenna a Livigno. Confrontando i dati dell’anno 2020 c’è stato un incremento delle chiamate del 60%. Un inizio coi fiocchi. “Altre provincie limitrofe e non solo, ci hanno citato come esempio positivo, e chiedono di ricalcare il nostro operato. Fungiamo quindi da volano positivo, altro vanto per la nostra Provincia. Siamo consapevoli che dobbiamo migliorare e lo faremo. Per ora un ringraziamento a tutti coloro, e siamo la stragrande maggioranza, che hanno sposato il progetto. Chi ha remato contro, o sta ancora provando a farlo, perchè da sempre restio alle regole ed alle cose ben fatte, dovrà ravvedersi in quanto sarà l’unica soluzione possibile che resta loro per continuare a lavorare coi nostri amati ausiliari”.
Grazie all’istituzione della Stazione di Recupero, la nostra Provincia si colloca dal punto di vista venatorio, controllo e monitoraggio dei cinghiali, incidenti stradali ecc. in una sfera all’avanguardia nella corretta e razionale gestione del patrimonio faunistico. Ora spetta ai cacciatori ed operatori qualificati dimostrare il loro grado di preparazione, etica e maturità al fine di incentivare l’attività di recupero dei capi feriti.
Questione a parte quella del cinghiale. A fronte di un numero ragguardevole di abbattimenti, nell’anno 2021 ben 510 capi, (circa 100 in più del 2020) c’è sempre uno scarsissimo riscontro di chiamate per il recupero dei capi feriti (solo 31 interventi) che equivalgono al 6%.
“Sappiamo benissimo che le statistiche di ferimento per la caccia al cinghiale si aggirano intorno al 20/25%, pertanto le chiamate per il recupero dovevano essere almeno 100. L’ostruzionismo becero di qualcuno che si sentiva capobastone, ma che in realtà era solo capo fumo, non porta da nessuna parte ed ancora meno contribuisce al buon lavoro svolto dagli operatori qualificati per il controllo della specie cinghiale. La situazione è mutata pertanto occorre instaurare un approccio metodologico diverso per il bene della selvaggina ferita”.
E infine: “Se è vero che nella vita serve essere al posto giusto nel momento giusto, lo è altrettanto incontrare le persone importanti nei momenti che contano. II mio ringraziamento – afferma Valerio Girolo – va pertanto in primis a tutti i conduttori del gruppo CTV (Cani da Traccia Valtellinesi) che rappresento del quale mi rendo portavoce, al comandante Emanuele Pasini, al Commissario Ettore Mozzetti i quali si sono dimostrati uomini di volontà e di parola, doti rare, nonché a tutto il corpo di polizia provinciale per la fiducia postaci credendo in noi”.